martedì 16 dicembre 2014

NATALE 2014


Scrivo queste righe a partire da Padova dove sono oramai prossimo per il rientro a Babonde la nostra missione in Africa, nella Repubblica democratica del Congo. Il tempo di Avvento è iniziato, Natale si fa vicino per cui inizierò il viaggio il 20 dicembre per essere con le comunità di Babonde esattamente la vigilia di Natale. Ritroverò i nostri  43 villaggi che attendono di poter celebrare con gioia e con solennità la nascita di Gesù. Non sarà possibile essere dappertutto ma in alcuni luoghi centrali i cristiani verranno a piedi da 5/10 chilometri per poter insieme cantare “gloria a Dio” e per cercare quella “pace in terra” che anche Babonde l’anno scorso ha perso e rischia di non ritrovare in fretta a causa di un conflitto locale. Due gruppi di villaggi si sono contesi l’autorità e la supremazia su di uno stesso territorio spingendo la popolzione a schierarsi ed a imbracciare le armi, lance e frecce, affrontandosi reciprocamente.
L’uomo, nella sua indole e nei suoi tratti essenziali, dell’animo e del carattere, si rassomiglia dappertutto, nel bene e nel male, ma sembra quasi inevitabile quella sorta di cecità che tutto infetta nel momento in cui cerca il potere e non si accorge più di nulla e di tutto quello che accade all’intorno. Diventa capace di oscurare o dimenticare o passare sopra ad ogni legame fraterno e familiare disposto a calpestare quanto per tanto tempo l’ha unito e reso solidale con i vicini. Un proverbio africano recita: quando i pesci piangono, nessuno vede le loro lacrime.

Non sarà inutile ricordare la nascita di Gesù, nostro Signore, che rinuncia a fasti ed eserciti, strategie politiche ed armi, per farsi piccolo e povero nella grotta di Betlemme. Sì, Gesù non ha mai ricercato il potere. Un uomo sano di mente e di cuore non dovrebbe mai cercare il potere, anche se esercita una qualche autorità pur necessaria. Un cristiano non dovrebbe mai cercare il potere per se stesso. La Chiesa non dovrebbe mai cercare il potere per se stesso. E Gesù pur avendone molti di poteri – di guarire, di insegnare, di leggere nei cuori, di salvare... – pur avendo molta autorità, l’ha usata unicamente a servizio degli altri e non a suo servizio.

Tra le povere capanne di legni e fango ma ricche di bimbi e di vita, nelle notti prive di luminarie ma ricche di stelle splendenti, lungo le strade sconnesse e polverose di Babonde, all’inizio della stagione secca, non sarà davvero inutile o superfluo o ingenuo annunciare la venuta del Figlio di Dio che, piccolo, ha bisogno delle braccia accoglienti di Maria, di un luogo caldo che gli sia preparato, di abiti e cibo...  Un Dio bisognoso che ci ricorda come noi tutti siamo bisognosi degli altri e che allo stesso tempo non possiamo dimenticare coloro che sono nel bisogno.
Non troverò presepi sofisticati e meccanici, non troverò cibi e dolci tipici, non troverò pubblicità allettanti ed invadenti.  Troverò invece un’umanità semplice, desiderosa di parole di verità e di speranza, un’umanità ignara di molte cose di questo vasto mondo, ma desiderosa di luce e di grazia, un’umanità fragile e povera di cose, ma ricca della capacità di accoglienza e di stupore. Sarò quasi unico bianco nel giro di chilometri e chilometri, ma non sarò “fuori luogo”, poiché il Vangelo e conoscere Gesù sono le cose essenziali di questa vita, sono i beni più necessari. Sarà lui a darci la sincera ispirazione per costruire insieme giustizia e diritti umani, per imitarlo nel curare i malati e fare attenzione a tutti i “piccoli” di questo mondo. 

Questa fede fragile ma preziosa che mi ritrovo tra le mani e che é anche la vostra fede, a Dio piacendo,  mi accompagnerà a Babonde, assieme alla simpatia e al sostegno concreto e solidale di tutti voi, amici, gruppi e comunità che ho incontrato in questi brevi mesi. 
Vi ringrazio di cuore e vi auguro Buon Natale. 
p. Renzo



sabato 6 dicembre 2014

INCONTRI

Da quando sono rientrato in Italia per il consueto periodo di vacanza, queste sono le domande che vanno per la maggiore: “Come va laggiù? Come sta andando?”. A queste si aggiungeva, quindici giorni fa, l’altra domanda: “E l’ebola? C’é da voi?”. Dico ‘quindici giorni fa’, nel senso che momentaneamente spenti i riflettori delle notizie da prima pagina e da apertura dei telegiornali, questa domanda è stata messa un pò da parte. Alla questione sull’ebola la risposta era: “No, da noi l’ebola non c’è in forma così grave ed aggressiva. Quando é comparsa, più volte negli anni, é sempre stata ben isolata e curata, nonostante le numerose vittime. Comunque noi siamo lontani da questi villaggi, la R.D.Congo è grande 8 volte circa l’Italia”. Alle ovvie domande di apertura seguiva ovvia anche la risposta: “Sta andando bene. A Babonde le cose procedono normalmente”.  
Non ci meravigliamo delle domande, dettate dall’attualità e dalla necessità di un primo approccio non ci meravigliamo delle risposte, frettolose ed evasive, perché non si può rendere in fretta la realtà di un mondo che, pur essendo sempre il nostro mondo, è però altro, talvolta tutt’altro. Occorre vedere con gli occhi e toccare con le mani. Camminare nelle stesse scarpe per alcuni mesi, mangiare insieme almeno qualche chilo di sale.  

La bella notizia allora é che stavolta, quando ritornerò a Babonde, rientrerò con qualcuno che mi accompagna, magari solo per qualche settimana, ma sarà già sufficiente. Sarà sufficiente anche un breve periodo, come per chi non conosce l’acqua è sufficiente tuffarsi dentro: anche se riemerge subito, anche se sta vicino alla riva, anche se la sente un pò fredda, tuttavia ha già potuto sperimentare molto, potrà lui stesso raccontare molto, esprimere sensazioni, ricordare immagini, suoni e profumi... incontri.
“Da quando sei lì le cose sono cambiate?”. Ecco un’altra domanda ricorrente. Allora, visto che non sono di fretta posso iniziare a riflettere un pò e tentare una risposta più articolata.
Sì le cose vanno bene – un pò - e sono cambiate – un pò - !, nel senso che oramai da quasi dieci anni la Repubblica Democratica del Congo ha un presidente eletto democraticamente, grossi disordini militari non ci sono stati e la presenza di alcune ribellioni ruandesi e ugandesi in territorio congolese, che hanno mietuto vittime e creato instabilità locali, sono state oramai spente o sono geograficamente limitate e circoscritte. Guardando avanti un pò di incertezza rimane, visti i progetti dell’equipe di governo che medita di cambiare la costituzione e la legge elettorale per dare la possibilità all’attuale presidente di candidarsi per un terzo (e poi chissà, quarto... quinto...) mandato. Un futuro sereno è difficilmente prevedibile ma non impossibile, l’incertezza predomina.
C’è un piccolo budget del governo per far funzionare alcuni dei servizi essenziali dello stato, ma vista l’esiguità delle somme liberate ai funzionari, ai militari, alla sanità e all’insegnamento, e viste anche le irregolarità dei pagamenti e la corruzione, possiamo dire che il sistema sta in piedi con le stampelle e sembra sempre sul punto di cadere. Poiché il giovane congolese non ha mai conosciuto nulla di meglio di quanto sta vivendo attualmente, e poiché nel bel mezzo delle foreste equatoriali non sa a chi bussare la porta o contro chi arrabbiarsi, tutto continua con pochi brontolii non molto efficaci. In questo senso le cose sono cambiate solo un pò: se non hai i soldi non ottieni giustizia, se non hai i soldi non ti curi, se non hai i soldi non vai a scuola, ed in un’economia di sussistenza, che per buona parte si appoggia ancora sul baratto tutto è estremamente complicato.
Le infrastrutture lentamente migliorano, c’è qualche intervento su strade e ponti, ma in modo occasionale, e vista la grandezza del Congo vaste zone restano abbandonate a se stesse. Scuole e ospedali sono a cadenza regolare costruite ed inaugurate con molta enfasi, soprattutto in città, ma sono per la maggior parte “dono” di qualche deputato o senatore in odore di campagna elettorale, ed in attesa di “interessi di ritorno”, più che essere inserite nei programmi dei ministeri, il tasso di analfabetismo rimane alto ed ugualmente l’abbandono scolare . Questi nuovi edifici, frutto della benevolenza non possono stare al passo con la crescita demografica.
Luci ed ombre, tonalità di grigi, chiaroscuri di una nazione nel cuore dell’Africa, riscaldata da un sole stupendo... sempre, rossa della sua terra, verde delle sue foreste, azzurra dei suoi fiumi, nera della pelle dei suoi figli, bianca del riso e della manioca, i suoi cibi.

Le cose sono cambiate in questi anni?
I colori non cambiano e se non cambia sostanzialmente l’insieme della nazione, allora che cosa cambia? Che cosa potrò dire dal mio punto di vista, dall’angolo in cui sono e da cui guardo le cose, dalla piccola e isolata Babonde? Molte cose sono state fatte, dei miglioramenti evidenti ci sono, le sorgenti d’acqua, le costruzioni, i muratori e i falegnami, il laboratorio di taglio e cucito, l’alfabetizzazione dei pigmei, le scuole e l’educazione, le cure e le attrezzature mediche, l’aiuto ai bambini malnutriti,... e di questo occorre lodare il  Signore e la generosità di molti. Babonde un pò é cambiata,  ma i grossi mutamenti non sono nelle mani dei singoli o delle piccole comunità e talvolta neppure dei governi. Anni fa in occidente era iniziata la crisi economica negli Stati Uniti prima e in tutto il mondo poi. Sembra nessuno finora sia stato in grado di governarla, finanza o politica, governo o sindacati, cittadini o associazioni. Ciascuno ci mette del suo e concorre all’insieme. Qualcuno si ritira in disparte deluso. Altri azzardano nuove proposte. Molti eventi accadono senza poterli dirigere.

Ciò che però abbiamo tra le mani tutti i giorni è la forza degli incontri, ossia la possibilità di essere veri e autentici nell’incontro con gli altri, un pò come Gesù sapeva fare quando guardava diritto negli occhi e leggeva nei cuori, conoscendo e facendosi conoscere. La domanda più profonda da porre potrebbe allora essere “che cosa è cambiato nell’incontro con gli altri? “che cosa conosci di più dei tuoi fratelli?”. Che cosa cambia nell’incontro con i bimbi, i poveri, le vedove, i malati? Ma anche che cosa è cambiato nell’incontro con i giovani, i catechisti, gli insegnanti, gli uomini, le donne, i responsabili amministrativi? Che cosa é cambiato nell'incontro con la cultura in cui sei immerso...?C’é un modo vero, profondo, cordiale, simpatico/empatico, costruttivo, positivo di incontrare. Un modo aperto, fraterno, solidale di stare accanto, di camminare insieme con le persone che fanno parte della tua vita e che entrano a far parte della tua vita, che provocano ed interrogano, un modo di incontrare i cuori. Non é sempre, non é con tutti, però é certo che: se cambia il modo di incontrare le persone cambia il mondo, anche se le strutture zoppicano e i grandi eventi non li possiamo governare. Non possiamo cambiare il mondo ma il mondo di molte persone cambia se le incontriamo veramente.

giovedì 11 settembre 2014

IN VIAGGIO



Tre anni di Africa, a Babonde, ed oggi sono a Kinshasa la capitale della Republica Democratica del Congo, pronto a partire per un tempo, tre mesi, di riposo o di congé come diciamo in francese, traducibile in congedo, come fossimo dei militari partiti per una missione in terra straniera. Ed effettivamente una missione da compiere l’abbiamo, missionari lo siamo è vero, ma non in terra straniera, poichè come dice in modo un pò paradossale un famoso antico testo dei primi cristiani, la Lettera a Diogneto:  “Vivono nella loro patria, ma come forestieri; partecipano a tutto come cittadini e da tutto sono distaccati come stranieri. Ogni patria straniera è patria loro, e ogni patria è straniera”. Come per dire che ovunque per il cristiano è come essere a casa propria ed ovunque per il cristiano è come se fosse straniero in casa poichè aspira a qualcosa d’altro che non é di questo mondo.
Tre anni lunghi, come se ci fossero in verità anni più lunghi ed anni più corti, eppure passati in un batter d’occhio, come se tutto si tenesse insieme in un solo respiro, in un solo sorgere e tramontare del sole. Segno che la cronologia del calendario non è la stessa che quella dell’animo umano. Segno dell’intensità e della concentrazione delle attività, degli incontri, della predicazione, dei progetti, come se il tempo non bastasse ed un domani non fosse ancora dato per terminare quanto è stato iniziato. Il turbinio delle attività lasciate per il momento alle spalle a Babonde - le sorgenti d’acqua, le scuole e gli studenti, i bimbi malnutriti, i poveri, le cure mediche, i pigmei, la formazione dei catechisti, le nuove chiese, la guida delle comunità cristiane... – lasciano il posto alla tranquillità in questi giorni di transizione, prima del rientro in Italia. Giorni di tranquillità e di interrogativi. Un bilancio da fare, non economico ma umano, non finanziario ma di fede.
Uno sguardo indietro per soppesare i progetti realizzati ed esprimere un grande grazie ai tanti, tantissimi, che da lontano pensano a Babone e ai “piccoli” di Babonde. Uno sgurdo indietro per dire grazie al buon Padre celeste che ci ha dato la possibilità di cavarcela anche stavolta dai pericoli sempre in agguato di strade pericolose, di una circoscritta ma insidiosa guerra tribale, dalla malaria che rimane pur sempre una malattia aggressiva, endemica e mortale. Uno sgurado indietro per contemplare quanto bene può costruire il Vangelo, la Buona notizia di Gesù, nel mettere pace tra i conflitti, nel suscitare fedeltà e giustizia, nel cercare la verità che costruisce nel bel mezzo di un grande mare di menzogne, nel proporre la donazione piuttosto che l’accaparramento, mirando ad un futuro che non si riduca al puro immediato ma si spinga fino a quello eterno. 
Uno sguardo avanti, desideroso di ritrovare gli affetti della famiglia che mai si possono perdere nè intiepidire, pena il perdere la propria radice. Desideroso di ritrovare le amicizie costruite nel lavoro insieme, nella condivisione degli ideali e dei tempi liberi, dei viaggi fatti insieme. Desideroso di ritrovare i confratelli della congregazione con cui condividiamo fede, vocazione e missione, appartenenza ad una famiglia religiosa ad uno spirito e carisma comune, maturati nella fraternità di tanti anni passati insieme. Uno sguardo avanti incuriosito dall’avanzare della tecnica che sforna a ritmo regolare novità, marchingegni e invenzioni, buone e cattive, utili ed inutili, per sapere se sono ‘rimasto indietro’ e trovare il momento opportuno per aggiornarmi. Incuriosito dal comprendere meglio e più da vicino a quale svolta è giunta la ‘corsa del Vangelo’ in una Europa che l’ascolta sempre più indifferente o che sembra poterne fare a meno. 
La nostra esistenza è viaggio, con tutta una serie di piccole svolte anche se la direzione può ben rimane la stessa. Dicevano che gli italiani sono tra l’altro, un popolo di viaggiatori. Indipendentemente dal chilomentraggio a tutti voi e a me stesso auguri di buon viaggio. 










giovedì 10 luglio 2014

Anno scolastico terminato


2013/2014, anno scolastico terminato ed anno accademico quasi completato. Siamo ben soddisfatti delle tante cose realizzate e soprattutto dei risultati dei “nostri” ragazzi, quelli che sosteniamo  negli studi, poichè le famiglie sono nell’impossibilità di pagare le spese scolastiche. Quest’anno sono stati 62 della scuola elementare e 67 della scuola superiore. Sono 9 gli universitari che si preparano ad essere “professori qualificati” per rientrare a Babonde e ‘sollevare’ un livello di qualità d'insegnamento talvolta improponibile.

Due universitari al primo anno
Tra essi quattro termineranno il ciclo di studi, mentre altri sono lungo il percorso, divisi tra le facoltà di Francese, Inglese, Geografia, Storia, Psicopedagogia e Filosofia: su essi nutriamo molte speranze, anche se sappiamo che prima o poi saranno tolti dall’insegnamento per essere responsabili di scuole qua e là nel circondario. Possiamo non  essere che contenti dell’Institut Sante Marie, con il numero di allievi che continua di anno in anno ad aumentare (270) con il progredire delle classi: l’anno prossimo comincerà la quarta del ciclo di pedagogia (il ciclo completo è di sei anni), mentre quest’anno ha preso il via la sezione professionale di taglio e cucito (il primo anno su di un totale di quattro) con il corso pomeridiano per le giovani  e le donne che non possono iscriversi ai corsi regolari. In questo ordine di cose stiamo già pensando e lavorando per un atelier che possa ospitare agevolmente tutti gli allievi e le macchine da cucire in uno spazio conveniente (vedi la nuova fondazione).
L'attuale atelier
Alla fine dell’anno scolastico il bilancio è anche quello della gratitudine, al Signore innanzitutto, che continua a mostrarci la sua bontà benedicendo i progetti e le persone. Ringraziamento ai tanti che in molte forme ci sostengono, in forma sporadica o continua nel tempo, ma in modo molto concreto, generoso e insostituibile, persone singole ed associazioni di persone (un grazie particolare  alla RETE), Gruppi Missionari ed amici, tutti uniti nel medesimo intento di manifestare la gioia del “dare una mano”, di essere solidali, di realizzare qualcosa di utile che permetterà una migliore istruzione e sviluppo per molti.
Se il più resta da fare possiamo tuttavia seguire il consiglio del nostro Francesco (papa) ed affermare parafrasandolo: Non lasciamoci rubare la gioia del “già fatto fin qui”.
Le donne del Centro recuperazione Taglio e cucito

I lavori di fondazione del nuovo atelier di Taglio e cucito


sabato 17 maggio 2014

Caritas Congo

Dopo gli avvenimenti tristi di dispute, affronti, violenze, furti e saccheggi, degli ultimi mesi del 2013 e dei primi mesi del 2013, fino all’arrivo dei militari, dei morti e dei saccheggi sistematici di tutto un insieme di villaggi di Babonde, la calma si è instaurata, anche se una calma imposta dalla presenza massiccia dei militari e dalla fuga di numerosi giovani implicati nei disordini e nelle violenze.

La presenza dei militari calma gli spiriti ma non rassicura, in una Nazione dove ciascuno si arrangia con mezzi propri, i militari o la polizia a loro volta sono autori di soprusi, di blocchi stradali di balzelli da esigere, fino ai giudizi arbitrari o alla violenza sessuale registrata la settimana scorsa. L’arrivo delle autorità politico amministrative a Babonde in occasione dell’inaugurazione dell’Istituto Ste Marie ha fatto prendere coscienza del problema e della necessità di non prolungare ulteriormente la loro presenza sul territorio. A partire da questa settimana i militari sono rientrati alle loro basi lasciando ancora sul posto un presidio di poliziotti, normalmente un pò meglio formati dei soldati per risolvere questioni riguardanti la popolazione civile, non è infatti da sottovalutare lo spirito di rivalsa di coloro che si sono sentiti vittime o che continuano a reclamare i loro diritti o che hanno avuto il “morto in casa”.

Nel frattempo famiglie intere che avevano fuggito i disordini ed erano entrate in foresta hanno riguadagnato le loro abitazioni. Una settantina di queste abitazioni, nelle località di Nebane e Mbongo, sono state bruciate, la maggior parte delle altre abitazioni delle località di Bavamasya sono state saccheggiate e private dei pochi beni e materiali che la gente di qui possiede: riso e fagioli, comprese le sementi per la prossima stagione di semina, materassi e sedie, i bidoni per l’acqua e le pentole per la cucina, valigie ed abiti per la festa, biciclette, macchine da cucire... tutto quanto la gente in fuga non ha potuto portare con sé. 

E’ a questo punto che abbiamo pensato di lanciare un appello alle organizzazioni umanitarie e alla Caritas. I rappresentanti dell’ONU hanno preso contatti un paio di volte ma per il momento nessuna reazione contreta. Solo la Caritas Congo, attraverso la Caritas diocesana di Wamba ha potuto recuperare del materiale di prima necessità rimasto di riserva in un’altra operazione similare in un’altra zona della nostra diocesi e portare un primo soccorso che si può iscrivere quale gesto di attenzione a coloro che sono stati vittime della furia popolare e della cattiva gestione del conflitto da parte delle autorità. Un gesto di attenzione e di sostegno, che per quanto piccolo infonde un pò di conforto e di speranza: la distribuzione di coperte, vestiti, pentole, piatti, bidoni per l’acqua, sale...

 I beneficiari sono stati duecento nuclei familiari, toccati dagli incendi e dai saccheggi, anche se molti sono rimasti fuori dalla lista attendendo speranzosi una prossima azione umanitaria. Ciò che ci preme sottolineare è che le risorse finanziarie messe a disposizione da parte della Caritas per questa operazione sono venute da fondi propri, ossia dalla raccolta annuale che tutte le parrocchie della RDC organizzano per le azioni di solidarietà: il poco di molti può fare grandi cose, ed anche qui non si può semplicemente attendere che qualcosa piovi dall’alto o venga dal di fuori.  E’ un’altra buona lezione da tirare, non l’ultima,  nell’insieme delle cattive cose che abbiamo visto nei mesi passati.



 

Inaugurazione





 “Ma quand’è che facciamo la festa dell’inaugurazione dell’Institut Ste Marie”? Una domanda che mi sono sentito rivolgere più e più volte e che ho schivato, un pò perchè sono allergico alle feste di qui, un pò perchè sono preso da altri lavori ed organizzare una festa è un impegno non da poco, un pò perché mancano ancora molte cose per completarne la costruzione e poter fare una vera e propria inaugurazione “chiavi in mano”... ma bisognava solenizzare. Occorreva festeggiare gli operai che si sono “spaccati le ossa” (più o meno) durante un anno e mezzo, senza interruzioni: l’equipe che estraeva pietre di fondazione e quella che estraeva la sabbia, i muratori, i falegnami... E’ stata una bella impresa con un risultato unico per la nostra zona, nel senso che non si ricordano costruzioni simili da più di una cinquantina d’anni. Gli studenti con i loro genitori, il preside ed i professori, le autorità tradizionali e quelle politiche, le autorità scolastiche e quelle della sanità, nessuno ha voluto mancare: tutti hanno voluto marcare la loro presenza. Il vice governatore della regione, lo chef della chefferie, l’amministratore del territorio, i responsabili della polizia e dei militari, il rappresentante del ministero dell’educazione... Una Messa d’apertura e la benedizione dei locali non poteva mancare ed il vescovo Kataka Janvier è stato dei nostri, accompagnato dal responsabile delle scuole cattoliche e da un buon numero di sacerdoti della diocesi. L’inno nazionale “Débout congolais”, gli interventi ed i discorsi di circostanza, il taglio del nastro, la messa a dimora di una pianta di palma, albero simbolico dell’abbondanza, un pasto conviviale e sontuoso, danze e giochi, la consegna di una moto da parte di un uomo politico originario di qui, prezioso regalo per il disbrigo delle formalità amministrative della nuova scuola... solo l’oscurità della notte ha disperso i partecipanti ed i curiosi. Secondo l’opinione di tutti la costruzione è ben riuscita. Ugualmente a detta di tutti la festa è ben riuscita, tranne forse qualcuno che non è riuscito ad entrare a tempo per il pasto offerto.


Ora viene il più importante ed il più difficile ossia il risultato educativo e scolastico dei ragazzi e ragazze che frequentano la scuola superiore. Per il momento sono un pò più di 250, ma già il prossimo anno supereranno i trecento cinquanta, siamo arrivati solamente al terzo anno di un ciclo di sei anni per le scuole superiori; l’anno scolastico 2013/2014 ha visto l’avvio della sezione di taglio e cucito che si è aggiunta a quella pedagogica (magistrali). Le sfide sono molte: offrire delle condizioni logistiche e didattiche ottimali, nella struttura e nei materiali per poter studiare bene e perchè i professori possano insegnare bene (ci manca ancora un “atelier” sufficientemente ampio e nel futuro altre 4 aule); offrire una buona gestione economica delle risorse proprie della scuola, senza sottomettere gli studenti a lavori manuali nei loro campi privati in vista di arrotondare gli stipendi divenuti troppo magri; formare i professori in modo che la loro preparazione professionale e grado accademico siano all’altezza, sostenendoli negli studi universitari, poichè una grande piaga è la “sotto qualificazione” e l’impreparazione degli insegnanti; creare un clima positivo volto alla ricerca del sapere, della conoscenza e dell’educazione, vincendo l’appiattimento al minimo indispensabile... Le sfide appassionano, e di più quando all’intorno non si vedono molti compagni di strada, ma sappiamo che molti da lontano sono con noi e che molti da vicino ci guardano anche per apprendere ed imitare.











 




giovedì 15 maggio 2014

Confermare

Come ogni anno nelle settimane che seguono la Pasqua gli avvenimenti si susseguono a ritmo incalzante ed il 2014 non ha fatto eccezione. Viviamo nell’ordinario molti piccoli fatti quotidiani, la fede ci accompagna, ci guida o ci provoca a seconda delle situazioni, ma c’è bisogno di confermare che ciò che siamo, ciò che stiamo facendo, ciò che desideriamo e ciò che progettiamo stanno andando nella direzione che abbiamo scelta.
“Confermare” è appunto il verbo che descrive bene un’azione necessaria nello scorrere delle giornate, ma anche a livello di fede c’è bisogno di “confermare”. Confermare che viviamo all’interno di un Amore che ci avvolge ed accompagna e non come schegge effimere destinate all’oblio: apparteniamo infatti ad una famiglia, ad una comunità, ad un popolo. Confermare che siamo ricchi di potenzialità e di doni che ci sono stati offerti gratuitamente (anche dall’alto) e che non potremmo mai annullare né per orgoglio, né per negligenza. Confermare che non c’è nulla di irreparabile, imperdonabile, destinato alla sola distruzione senza rinnovamento.


Nella lingua francese il Sacramento della Cresima si chiama “Confirmation” = “Confermare”.
Nella lingua Swahili si chiama “Usabitisho” = “Rendere solido”, “dare forza”... un significato non molto lontano dal “confermare”.
In questi giorni dopo Pasqua eccoci a “confermare” nella fede cristiana più di seicento tra adolescenti, giovani ed adulti, in tre celebrazioni successive assieme ad un delegato del Vescovo, in tre villaggi della nostra vasta parrocchia – Gbunzunzu, BagBay e Nitoni - diventati il centro di raduno per tutti gli altri. Incontro, gioia, festa, canto, danza, tappa di passaggio, coscienza nuova... Con i sensi è impossibile cogliere degli effetti immediati dell’opera della Parola e dello Spirito, ma sappiamo che i frutti si vedranno, si faranno sentire, si potranno toccare e si aggiungeranno ai molti ed abbondanti frutti generati fin qui dalla stessa fede. Noi siamo già stati confermati una volta, a suo tempo. La Cresima è infatti uno di quei sacramenti che si ricevono una sola volta, che non si ripete, poichè lascia un segno incancellabile, e tuttavia il suo significato sarebbe bene riprendere di volta in volta.


Una grazia per noi accompagnare per ben tre volte, ogni anno, la “confirmation” e recuperare così vocazione ed appartenenza, scelte e promesse. Nella maggior parte delle cose che decidiamo e che facciamo, pur con lucidità e consapevolezza, abbiamo tuttavia una coscienza solo parziale di tutte le implicazioni, potenzialità e conseguenze che si manifesteranno con il tempo e con la maturità: camminando la strada si apre.


Alcuni Scout presenti ad una delle celebrazioni

martedì 8 aprile 2014

Progresso e... progresso


In questi giorni c’è una grande novità a Babonde, un nuovo gestore di rete telefonica ha piantato la sua antenna proprio qui nel centro del nostro villaggio, è il servizioVodacom. Una piccola antenna di diciotto metri all’incirca, il raggio d’azione sarà di un paio di chilometri, alimentata a pannelli solari e batterie. Nei giorni di pioggia l’autonomia  sarà limitata e la notte ugualmente, ma è una rivoluzione poichè in questo raggio d’azione potremo circolare con il telefono ed essere raggiungibili. Fino ad oggi per chiamare con l’unico gestore attivo grazie ad una lunga antenna piantata ad Ibambi, ad una ventina di chilometri, occorreva cercare il luogo esatto dove il segnale poteva essere presente, a macchia di leopardo: in giardino, sotto una pianta, in mezzo alla strada... Adesso il segnale potrà essere presente in casa, in stanza, in Chiesa (purtroppo). Non so se si potrà semplicemente essere contenti o avere anche qualche rimpianto: suonerà anche quando stai mangiando, parlando con una persona, quando sei in riunione. Qui non siamo ancora abituati a tutto questo. In compenso se qualcuno ha bisogno di chiamarci dall’esterno saremo finalmente rintracciabili e questa è senz’altro una buona cosa. In questi stessi giorni stiamo utilizzando una piccola “sgranatrice”  a mano per il maïs (granoturco), è da tempo che ci è arrivata con l’ultimo container ma sono pochi coloro che ne fanno uso in quanto la cultura del maïs non è entrata nelle abitudini alimentari della nostra popolazione, e le dolenti note della mancanza di strade per evacuare i prodotti in altre zone e della mancanza di un minimo di meccanizzazione nell’agricolutura, fanno si che non lo si coltivi come si potrebbe, vista la facilità e la fertilità del terreno. 

Metto insieme i due avvenimenti di questi giorni per dire che “c’è progresso e progresso”! Da un lato a passi di gigante avviciniamo tecnologie sofisticate che domandano conoscenze tecniche di elettrica ed elettronica, di comunicazioni digitali e satellitari, di apparecchiature delicate e complicate: gli abitanti di Babonde conoscono il telefono portatile, senza aver mai conosciuto quello fisso, conoscono l’antenna parabolica senza aver mai visto quella normale o un cavo per trasmissioni, conoscono la carta memoria per immagazzinare dati, foto e musiche senza aver mai visto una biblioteca. Dall’altro lato per altri settori il progresso stenta a costruirsi o letteralmente non esiste: quasi nessuna meccanizzazione nell’agricoltura e nella trasformazione degli alimenti, nessun farmaco per gli animali dei piccoli allevamenti domestici, nessuna evoluzione nella tecnica di costruzione delle abitazioni e dei servizi elementari di acqua, luce, igiene...
La zappa ed il telefono vanno insieme, il mortaio per pulire il riso e i pannelli solari, il torchio a mano per l’olio di palma e le motociclette fabbricate in Cina a migliaia di chilometri di distanza.

Importiamo il progresso degli altri e che gli altri ci possono vendere ma sembra difficile identificare un progresso endogeno, che nasce dall’interno e che risponda a bisogni più elementari, di tutti, e che modifichi nel meglio le condizioni di vita. C’è progresso e progresso. Tuttavia, pur nel disequilibrio esistente accettiamo con gioia tutto quanto ci permette di uscire dall’isolamento e di renderci gli uni più vicini agli altri. Già, se volete chiamarmi il numero telefonico del nuovo servizio Vodacom è il seguente:  00243823519375. L’altro (servizio Airtel) rimane comunque in funzione e attivo:  00243994025142.

Il Centro di Babonde visto dall'alto dell'antenna

Un quartiere del Centro di Babonde visto dall'alto


mercoledì 19 febbraio 2014

Nuovamente nelle mani degli agitatori

Resti delle tombe scavate e della croce innalzata
dai banditi ribelli per significare che con loro altri moriranno

Sono state sufficienti poche settimane di calma, per esaurire l’effetto positivo della conferenza di pace svoltasi a Babonde. Tutto ha lasciato ben promettere, soprattutto il dialogo con i “saggi” dei villaggi in conflitto ed i responsabili della chefferie . Il ritorno degli “esiliati” nelle loro abitazioni, gli insegnanti, gli studenti, gli infermieri, i commercianti, ciascuno alle proprie rispettive occupazioni, sono stati i segni evidenti della reciproca fiducia ritrovata e del ritorno alle normali attività.
Purtroppo non è bastato per “togliere il pungiglione”. Il capo dei ribelli ha ripreso le sue abituali provocazioni, furti lungo la strada, percosse e minacce. Stavolta però la pazienza della popolazione non è stata puntuale all'appuntamento, causata anche dalla brutalità delle aggressioni dei “ribelli” rivelatisi alla fine dei semplici banditi, non più sostenuti dai saggi del villaggio e dalle rivendicazioni relative al potere tradizionale.
Case bruciate a Nebane
Nel giro di una settimana siamo arrivati allo straripamento della collera popolare nella ricerca di una giustizia sommaria ed immediata e all'impiego delle forze armate per avere infine la meglio sul capo dei banditi ed il suo gruppo. 
Personalmente ho cercato in tutti i modi di dissuadere le differenti fazioni a non affrontarsi direttamente, a non interporsi alle forze armate oramai prossime ad intervenire, a non farsi giustizia da sé, a non porre atti che possano in seguito generare conflitti ed inimicizie ulteriori. Qualcuno ha saputo ascoltare, per molti altri è stato un lavoro quasi inutile, anche se il richiamare alle coscienze cristiane che il Vangelo ci chiama ad altro, porterà in seguito qualche frutto.
Abbiamo assistito a tre giorni di violenze, di furti e ruberie generalizzate, a quattro persone uccise per essersi opposte alle forze dell’ordine, ad un largo impiego della menzogna e della diffamazione.
A distanza di una settimana il bilancio è fallimentare: il capo dei ribelli è in fuga, introvabile; lo stazionamento di tre équipes di militari, che abitualmente non sono tenere con la popolazione e che senza troppe remore possono approfittare della situazione per ricavarne dei benefici personali; il non funzionamento di numerose scuole elementari e di una scuola superiore; una sessantina di abitazioni bruciate; il saccheggio di un numero di famiglie difficile a calcolare: materassi, riso, biciclette, bestiame d’allevamento domestico e dei più diversi piccoli beni della famiglia; l’arresto di tutte le attività agricole e commerciali.
Case bruciate a Mbongo
 La paura di questi giorni, il risuonare delle armi da fuoco dei militari ha gettato la maggioranza della popolazione nello sgomento, spingendo alla foresta bambini, donne e vecchi, uomini e giovani. L’abbandono dei villaggi, il freddo di questi giorni, la mancanza di sale, di cibo e di medicine aggiungeranno alla paura altre sofferenze.
Amaramente constatiamo che sono stati gettati numerosi semi maligni che genereranno altri mali futuri se non sapremo porre in anticipo le cure necessarie.
Preparazione di sale da distribuire alle popolazioni "sfollate" in foresta

martedì 18 febbraio 2014

Dialogo di comunità


Finalmente le autorità si sono mosse in forza e all'unisono per aiutare la popolazione di Babonde, la chefferie dei Balika-Toriko: il vice governatore della regione, il capo della polizia, gli uomini politici nazionali e regionali, le autorità tradizionali locali, tutti hanno accettato di sedersi per due giorni di dialogo, per vedere da vicino la brace che accende fuochi divenuti troppo pericolosi.

La sede è stata discussa a lungo in quanto occorreva un luogo neutro che facesse sentire tutte le parti al sicuro e non minacciate. Alla fine è stata individuata la grande sala della parrocchia per le duecento persone che hanno potuto entrarvi (una grande maggioranza di persone è rimasta fuori, impossibilitata a vedere ma soddisfatta nel sentire) ed è stata scelta la nostra abitazione per ospitare le autorità venute da lontano per ascoltare e mediare le differenti fazioni. Anche il “capo ribelle” alla fine ha accettato di presentarsi e di partecipare alle discussioni. Il nocciolo del problema: la rivendicazione del potere tradizionale della chefferie passato di mano in mano, e la divisione della stessa in due parti. Le autorità competenti hanno promesso di ripresentarsi a breve per far conoscere la legge che regola questo tipo di conflitti e cercare una soluzione che passa secondo il diritto e non secondo la forza delle armi o delle rivendicazioni di strada. Tutti sono stati d’accordo nel rifiutare le violenze, i furti, le intimidazioni le minacce e le percosse che nulla hanno a che vedere con il nocciolo del problema, ma che al contrario ne allontanano la soluzione distorcendolo e trasformandolo in un problema di ordine pubblico.
La commissione della Società Civile ha diretto i lavori ed ha stilato un documento finale promettendo la creazione di una commissione per accompagnare l’applicazione delle risoluzioni. Tutto si è concluso con una serie di strette di mano pacificatrici e riconciliatrici. Alla soddisfazione finale di tutti si è aggiunta l’impressione di aver concluso troppo in fretta la discussione di un problema che ha radici profonde e di non aver rasserenato veramente gli animi, se non superficialmente, seguendo lo stretto calendario dettato dagli impegni molteplici degli uomini politici. La presenza sul posto del capo della chefferie per un lungo periodo (cosa non abituale poiché assente a causa di altri impegni politici) e la costituzione di un comitato di accompagnamento potrà vegliare sull’evoluzione positiva delle proposizioni fatte, almeno così speriamo.






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