venerdì 28 aprile 2017

Saonara


Alcuni ci leggeranno senza conoscere ancora se Saonara è una parola straniera di una qualche lingua africana come il Kiswahili o se è invece una “deformazione” di un saluto orientale. Molti altri invece conoscono Saonara come tranquillo paese (villaggio) alla periferia di Padova nel quale anch’io sono nato. Voglio rendere un piccolo omaggio a questo nostro paese che ci ha dato le origini e lo faccio motivato dal fatto che in questi giorni la corrispondenza è fitta con alcuni dei nostri compaesani. E’ infatti in questa settimana che l’ospedale di Babonde e la scuola secondaria e professionale di Babonde ricevono due aiuti molto concreti per poter rendere un migliore servizio rispettivamente ai malati dell’ospedale e agli studenti della sezione di falegnameria: un gruppo elettrogeno per l’ospedale da una parte e degli utensili elettrici per la scuola dall’altra.

Con le disponibilità economiche locali queste realizzazioni sarebbero rimaste dei sogni da cullare per numerosi anni. Ed invece Saonara risponde all’appello attraverso la generosità dell’associazione Seniors e attraverso una altrettanto generosa colletta di alcuni amici. Assieme a loro già “citati” mi pare giusto ricordare in questo frangente molti altri che occasionalmente o regolarmente fanno sentire la loro concreta presenza: l’Associazione Alpini, il Gruppo Missionario, i familiari, la Parrocchia e molti, molti altri, talvolta semplicemente dei conoscenti. Con tutti c’è una sintonia  immediata ed una collaborazione  fruttuosa che si crea.
Tuttavia, guardando più in profondità non è la semplice comune origine geografica che ci avvicina, è invece quel comune fondamento di fede, esplicito o implicito, professato o negato che crede nella solidarietà nell’amore e nella condivisione, e tutto questo è umano e divino, fa parte di un tessuto quotidiano di azioni di tutti i giorni ma attinge ad una sorgente che viene dall’alto. E’ normale e straordinario insieme.
Grazie a questo movimento nei giorni scorsi abbiamo potuto consegnare i “doni” ricevuti. Occorre dire che indipendentemente dalla loro “grandezza” e “peso”, questi doni, ogni dono, crea gioia, speranza ed educa-genera altrettanta generosità.
Inutile aggiungere altro.

Grazie Saonara.


mercoledì 26 aprile 2017

Ostaggi




Da due anni a questa parte sono regolarmente in viaggio per Kisangani, ogni due mesi circa, ed ogni volta è un’avventura, senza eccezione. E’ il lunedì di Pasqua verso le sei del mattino che mi metto sulla pista, in moto, per percorrere in cinque ore i 150 chilometri che ci separano da NiaNia, villaggio carrefour (incrocio) dove dovrei prendere il Bus sulla “Grande Route” dell’Ituri, fino a Kisangani. Purtroppo mi informano che fino al pomeriggio del giorno successivo nessun Bus è in programma, nonostante numerose compagnie si siano affacciate sul mercato del trasporto passeggeri: “La vie est un combat”, “Na Ngolo Coach”, “Classic”. “Dissa”... L’alternativa? Qualche vettura occasionalmente di passaggio, che acquistata in Uganda a buon prezzo giunge “via strada” fino a Kisangani e prosegue fino a  Kinshasa via battello, sul fiume Congo. L’autista lungo il percorso carica abusivamente dei passeggeri di fortuna e mette da parte qualche guadagno extra. Per me sarebbe una buona occasione. Percorro il centro di NiaNia, ma nessuna traccia di queste vetture. 

Mi indirizzo allora al Parking, dove sostano dei “minibus”, furgoncini della marca Toyota che attendono i “clienti” fino a completare il “carico” di una quindicina di passeggeri con i loro bagagli. Sono fortunato. Il minibus in attesa è già quasi carico e potrà iniziare il viaggio nel lasso di tempo di un’ora, l’intervallo giusto per  mettere in custodia la moto, cambiare i pantaloni infangati e prepararmi alla seconda parte del viaggio. Il prezzo è buono, una trentina di dollari per i 340 chilomentri di questo tratto, e mi è riservato un posto davanti tra l’autista, un giovane di una trentina d’anni non ancora raggiunti e il “gerant”, che ha il compito di “gestire” i passeggeri e pagare “pedaggi”, tasse e balzelli. 


Un’altra delle incredibili contraddizioni del nostro Congo: se vuoi andare da Bukavu, città congolese di frontiera, a Kigali capitale del Ruanda, trovi appena due militari ruandesi e nessun congolese per gettare uno sguardo veloce al passaporto, ma se devi passare da una Provincia all’altra all’interno della medesima RDCongo ti imbatterai in una serie interminabile di posti di blocco, controlli e dazi da pagare: 
DGM (Direzione generle della Migrazione), DGI (Direzione Generale delle Imposte) ed ancora DGRAD, DGRPI, DGRHU , la Polizia stradale, i Militari... una via crucis con un numero sproporzionato di stazioni che di fronte alla finalità esibita di garantire la sicurezza e raccogliere le imposte per lo stato, ha invece l’unico scopo di raccogliere delle piccole mance a favore degli ufficiali dello stato che vi lavorano e a favore dei loro superiori.  


Alla partenza effettuiamo il rifornimento di benzina con i soldi appena raccolti e lungo la strada, alle differenti soste, “imbarchiamo” qualche ulteriore passeggero da far salire stavolta sul portabagagli posto sul tetto del minibus.

I nuovi ma “ultimi” viaggiatori potranno ben accomodarsi sopra un materasso steso per l’occasione. Anche il nostro “gerant” ad un certo punto cede il suo posto ad un cliente per salire a sua volta “in cima”... questo gli permetterà di avere qualche soldino in più in cambio di una buona vista panoramica, aria fresca ed una ginnastica non invidiabile come il salire e scendere qualche decina di volte, senza scaletta, dal tetto del minibus. 

A circa metà tragitto un veicolo che incrociamo si/ci ferma e ci mette al corrente di un camion rovesciatosi al chilometro 170 da Kisangani. Poichè anche i grossi camion trasportano numerose persone al di sopra del carico di merci, questo tipo di incidenti può rivelarsi mortale. Ed infatti ci preavvisano che quando il minibus arriverà sul luogo probabilmente saremo sollecitati a prendere una delle due persone che sono morte sull’incidente. Il nostro giovane autista che a partire dall’inizio del viaggio non ha smesso di sorseggiare una bevanda leggermente alcolica (11 %) e comincia ad essere psicologiamente debole, è preso dal panico di dover caricare una salma, e quando arriviamo sul luogo, lui tira diritto ignorando i segnali di stop. 

 Da un certo punto di vista ci meravigliamo spiaciuti, da un altro punto di vista siamo contenti di non aver a che fare con un cadavere, tra l’altro è già tardi e se arriviamo dopo le ore 23.00 all’ultima barriera posta a 23 chilomentri prima di entrare in Kisangani, saremo costretti a passare la notte all’aperto, in quanto nessuno ci aprirà la strada dopo quell’ora. Ed effettivamente arriviamo giusto un quarto d’ora prima del blocco e riusciamo a passare senza problemi. Ma ecco che il nostro autista ha un altro asso nella manica da giocarci: ci rimangono solo 10 chilometri per guadagnare ciascuno le poprie abitazioni, toglierci il centimentro di polvere rossa che abbiamo accumulato sulla pelle, ma ecco che il “nostro” oramai ubriaco fradicio decide di arrestarsi. Ha visto un bar aperto e dichiara solennelmente che passeremo la notte lì. Parcheggia il minibus, si siede al tavolo e chiede qualche birra da bere. Incredibile, siamo ostaggi di un ubriaco, davanti un bar costruito con due vecchi container di ferro e all’intorno il buio e la foresta.

Il “gerant” tenta di farlo ragionare di convincerlo a riprendere la strada ma senza riuscirci... e forse bisogna dire “meglio così”, per non incorrere anche noi in un qualche incidente o rovesciamento di veicolo: finora tutto è andato bene. Qualcuno dei passeggeri che non aveva bagagli decide di percorrere a piedi gli ultimi chilometri. Qualcun altro ne approfitta per prendere anche lui una birra fresca, qualcun altro accenna dei passi di danza alla musica degli altoparlanti. I tre bimbi che viaggiavno con noi dormono su delle giacche stese per terra.

Non mi resta che chiamare per telefono qualcuno della comunità che a 24.00 ore abbondantemente passate venga gentilmente a prendermi. Tutto è bene quel che finisce bene, ma quanta incoscienza, leggerezza, dis-prezzo della vita! Una volta di più possiamo dire che siamo nelle mani di Dio. E quanta pazienza, pazienza, pazienza.

martedì 11 aprile 2017

Fuochi e Maendeleo

Di questi giorni le notizie preoccupanti in provenienza da alcune differenti zone geografiche del nostro Congo (RDC) rimbalzano sui media internazionali. Alcuni fuochi accesi ma il paese non è in fiamme. 

Si tratta innanzitutto dell’instabilità politica nella capitale Kinshasa, con l’intera classe politica al governo e all’opposizione che continua a stare “in sella” malgrado l’epirazione del loro mandato. La non-organizzazione delle nuove e necessarie elezioni permette agli eletti di oramai undici anni fa, di stare dove sono (governo e opposizione) godendo del potere o almeno di un salario, ed è oramai evidente la strategia di continuare all’infinito inutili e dilatori dialogi e mediazioni tra le parti, in quanto nuove elezioni metterebbero a repentaglio lo status quo a loro svantagio.

Un altro focolaio di disordini è situato nella regione del Kasai, dove militari e miliziani di una setta/partito politico si affrontano apertamente da alcuni mesi e dove si contano oramai qualche centinaio di morti, tra i quali due operatori dell’ONU di nazionalità americana e svedese. Nell’Est del paese altre “ribellioni” sono sempre sul punto di esplodere e le stesse forze dell’ordine o forze armate varcano il limite del loro ruolo di difensori della legge per stringere patti con i numerosi gruppi armati che infestano la zona rendendo difficili le comunicazioni, il trasporto di materiali ed il normale funzionamento del quotidiano ritmo di vita.

Fortunatamente noi abitiamo una zona interna, che rimane calma dal punto di vista “sicurezza”. Gli unici piccoli problemi vengono dalla polizia locale che arrotonda lo stipendio estorcendo contributi non dovuti dai viaggiatori che percorrono la strada principale, generalmente privi di documenti di circolazione. L’altro pericolo sempre in agguato è la situazione economica precaria che attanaglia la quasi totalità delle famiglie e che ha come effetti collaterali i periodici momenti di crisi per cui diventa quasi impossibile accedere alle cure mediche o garantire l’accesso alla scuola per i propri figli od una alimentazione equilibrata e sufficiente ai bimbi delle famiglie numerose.

A Babonde, in questa relativa tranquillità, continuiamo a visitare i villaggi che sono affidati alla nostra missione, preparando i cristiani a ricevere i sacramenti. Da alcune settimane abbiamo ricevuto in comunità un diacono nostro confratello, Joseph, che vivrà un’esperienza pastorale di alcuni mesi. Oltre ad aumentare il numero della nostra “famiglia” ci darà un buon aiuto nella visita ai villaggi e nella celebrazione dei battesimi.

Abbiamo cercato in questo periodo di rinnovare e rinforzare la commissione “Maendeleo”  che nella lingua Kiswahili significa “Sviluppo/Progresso”. In Francese  si traduce “Developpement” ed aggiungiamo l’aggettivo “durable”, “Progresso duraturo”. Il titolo della commissione è altisonante, addirittura sproporzionato rispetto alle possibili relaizzazioni in un contesto economico fragile abbandonato a se stesso.
In concreto con l’aiuto di un agro-veterinario abbiamo “importato” da un famoso centro di ricerca forestale ed agricola congolese – Iangambi, non lontano dalla città di Kisangani -  dei semi selezionati di caffé e di cacao. A partire dal mese di marzo abbiamo messo i semi nell’apposito terreno per la germinatura delle piantine in attesa di poterle poi mettere a dimora in quello che sarà il luogo definitivo in attesa della produzione dei frutti (4/5 anni per il cacao; 3/4 anni per il caffé).
E’ un investimento un  pò all’oscuro, un azzardo senza una orgnizzazione più ampia, statale. Per il momento dei privati aquistano il raccolto annuale e una piccola speranza si è aperta il varco: se la produzione sarà di una certa importanza potrebbero arrivare fino a Babonde. Per il momento lavoriamo sulla speranza, vedremo, se son rose... La commissione Maendeleo é coraggiosa ed entusiasta in questi mesi ed attende un successivo momento per lanciare un’altra iniziativa e cioé l’introduzione di qualche nuova semplice tecnica di allevamento di maiali e l’introduzione di una nuova razza. Alimentare la speranza non è mai sbagliato.


Il tempo è tiranno. Colgo l’occasione di questo post per agurare a tutti una Santa ed ogni anno migliore Pasqua.